E’ stato per primo Gunter Pauli – economista belga e imprenditore di successo in vari settori – nel libro The Blue Economy: 10 years, 100 Innovations. 100 Million Jobs, a proporre e a parlare del il modello dell’economia blu.

Cos’è questo tipo di economia?

Rappresenta un passaggio successivo rispetto alla green economy di cui è comunque una branca, da cui però si differenzia perché, mentre questa si ripropone di ridurre sino ad un limite e accettabile le emissioni di Co2, la blue economy ha l’obiettivo di arrivare ad emissioni zero.

Pauli è partito dai concetti della diomimesi, una disciplina che studia il funzionamento della natura secondo cui niente deve essere sprecato e ogni cosa deve essere riutilizzata attraverso un processo che trasforma in materie prime tutti i rifiuti.

L’obiettivo della dell’economia blu non è quello di dedicare più risorse per la tutela dell’ambiente, ma di riuscire, grazie all’innovativo stato dei settori dell’economia che già usano sostanze già presenti in natura, ad investire meno, creando più posti di lavoro e ricavarne un profitto maggiore.

La blue economy è un modello di sviluppo economico molto innovativo che si fonda sui concetti di durabilità, rinnovabilità e riutilizzo che mira a studiare tecniche di produzione più innovative e a migliorare quelle che già utilizziamo.
In sintesi: fare di più con quello che già abbiamo.

 L’aggettivo ‘blue’ deriva dal fatto che il modello di business sostenibile che propone è finalizzato a generare nel tempo un impatto positivo soprattutto sulla salute dei nostri oceani già in parte trasformati in discariche a cielo aperto in cui cui rifiuti di vario genere, bottiglie e imballi hanno formato autentiche isole di plastica.

Più generalmente, comprende tutte le attività economiche che entrano in contatto con coste, mari, fondali e laghi che costituiscono un patrimonio eccezionale per l’intera umanità, anche se è applicabile a più contesti produttivi.
Per Pauli necessitiamo di un’economia in cui usiamo ciò che già abbiamo rigenerando valore e creando anche nuovi posti di lavoro.

 Mentre la Green economy è si ottimale e ideale per l’uomo e la natura, ma sfortunatamente è un processo abbastanza costoso da sostenere e che genera nuovi metodi di produzione adatti principalmente alle popolazioni più facoltose, la Blue economy ha il pregio di essere più adatta anche a situazioni di maggiore povertà, che purtroppo sono gli scenari ancora più comuni in gran parte del pianeta.

 Concretamente, l’ottica è quella di creare valore con ogni occasione e con ogni risorsa disponibile e di far crescere piccole economie che a loro volta generano un valore a cascata attraverso processi tra loro collegati in maniera tale che questa concatenazione riduca i costi e moltiplichi i benefici per più destinatari.

 Il blue thinking è un approccio che vuole favorire la crescita economica, ma con un utilizzo di capitali minore. Questo procedimento è possibile grazie alle nuove tecnologie, alle innovazioni tecniche e alla trasformazione di sostanze, precedentemente sprecate, in materia utile e redditizia.

Il blue thinking punta molto sull’innovazione della trasformazione e al concepire lo sviluppo e la tutela dell’ambiente come un oceano di possibilità e non come un peso.
Chi ragiona ‘blue’, va incontro a braccia aperte alla sostenibilità e alla responsabilità ambientale ma adeguandosi ai cambiamenti climatici ed economici della nostra epoca.

 

 

blu economy

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